SEGNALATE I LUOGHI DEL CUORE E DELLA PANCIA

QUALE LUOGO AMATE E QUALE DETESTATE? COSA SUSCITA IN VOI? SEGNALATELO CON SCRITTI, FOTO, COMMENTI, FATELO IN MODO ANONIMO, CON UNO PSEUDONIMO O CON IL VOSTRO VERO NOME MA PARTECIPATE AL SONDAGGIO DI SALVIAMO IL SALVABILE!
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lunedì 30 novembre 2015

8 dicembre: giornata delle associazioni attive per la tutela del territorio

Segnalo con piacere che anche quest'anno l'8 dicembre si terrà la tradizione riunione annuale delle associazioni attive in Ticino a favore del territorio. La giornata si terrà alle ore 16'00 presso l'azienda agricola la Colombera di S. Antonino e avrà quale ospite l'associazione www.rivespubliques.ch che affronterà il tema del potenziale lancio di un'iniziativa popolare federale "Rive pubbliche".

Un appuntamento importante per fare il punto sulla situazione della tutela del territorio nel Cantone e per coordinare gli sforzi di tutti coloro che si battono per una protezione più incisiva del nostro patrimonio architettonico e paesaggistico. Per chi fosse interessato al tema proposto dall'associazione ospite segnalo il link  http://www.areaonline.ch/Le-rive-pubbliche-dei-laghi-non-si-muovono-55a511900

Nel corso della giornata, le associazioni dei Cittadini del territorio sottoporranno ai convenuti una proposta di risoluzione con la quale invitano le autorità a
1. servirsi di Internet quale strumento aggiuntivo nell'informazione su progetti, studi, decreti, disegni di legge, atti pianificatori con incidenza territoriale
2. ampliando i tempi di consultazione della popolazione portandoli da 30 a 60 giorni e, per atti di grande mole, a 90.
3. ad adottare nei consigli comunali i piani di indirizzo del PR in modo vincolante e referendabile.

Ortica




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martedì 10 novembre 2015

Parco Hermann Hesse e tre! Presentata una nuova domanda di costruzione

Non c'è due senza tre. I promotori  del progetto immobiliare nell'ex parco di Hermann Hesse a Montagnola hanno inoltrato, per la terza volta, una domanda di costruzione.  Ammirevole l'abnegazione che li caratterizza: due mesi dopo le decisioni del Consiglio di stato, contrarie al progetto, ecco che giunge un'altra variante. Nella sostanza, invariata. "Invariata è anche la sua bruttezza e inutilità" come si può leggere nel blog Salviamo l'ex parco Hermann Hesse.  A nulla sono valse la doppia bocciatura , l'opposizione di buona parte della popolazione, le prese di posizioni di intellettuali e politici scesi in campo con proposte lungimiranti quali la creazione di un parco letterario Hermann Hesse patrimonio dell'umanità allo scopo di valorizzare l'eredità spirituale e culturale del luogo . Cementificazione e sfuttamento da un canto, salvaguardia e valorizzazione dall'altro: due scelte radicali  e inconciliabili. Scegliere da che parte stare, almeno per me, non è difficile.

Ortica

martedì 27 ottobre 2015

Spostare alberi: la formula E di Lugano riuscirà nell'impresa?

E' dei giorni scorsi la notizia secondo la quale per omologare il futuro circuito di formula E si renderebbero necessarie delle modifiche stradali. In concreto, la FIA chiede al comune l'allargamento di un metro e mezzo della carreggiata. Come fare? Spostando gli alberi di Viale Carlo Cattaneo? Una soluzione ventilata con prudenza dal municipio che si riunisce proprio oggi per risolvere ... l'irrisolvibile. Significativa, in proposito, la presa di posizione dei Verdi: "Spostare alberi maturi, mantenendoli in vita è estremamente difficile e costoso. Quindi parlare di spostamento è un modo diplomatico per dire abbattimento".



I verdi hanno perciò esternato le loro preoccupazioni in una lettera inviata al Municipio al quale - oltre ricordare che oltre 2500 persone avevano firmato la petizione "Salviamo gli alberti di Lugano" - ripetono l'invito a rispettare l'impegno preso a suo tempo di sostituire gli ippocastani tagliati, "parte integrante del viale protetto". I verdi non si oppongono al progetto di Formula E, "a patto che non lasci alcuna traccia negativa e permanente in città". "Non è accettabile sacrificare ulteriori alberi sani e maturi togliendoci altro ossigeno per un'unica manifestazione.

Concordiamo.

Ortica

lunedì 26 ottobre 2015

Pubblico integralmente un articolo di Salvatore Settis apparso lo scorso 16 settembre su Repubblica. Il tema della bellezza è caro allo studioso che qui lo affronta però in chiave volutamente provocatoria, intitolando la sua riflessione "Da Venezia al martirio di Palmira la bellezza non salverà il mondo". Leggete e scoprirete perché.
Ortica



LA BELLEZZA come medicina. La invochiamo sempre più spesso, contro la depressione o contro la crisi; ci consoliamo dei nostri mali ripetendo che “la bellezza salverà il mondo” (o l’Italia). Ma esiste una bellezza senza qualificazioni? Di quale bellezza, oggi, avremmo bisogno? La bellezza, si sa, è relativa. Per esempio, per il neosindaco di Venezia il bacino di San Marco è più bello se vi transita una mega-nave come la Divina.

Una nave alta 67 metri, il doppio di Palazzo Ducale, e lunga 333 metri, il doppio di Piazza San Marco. Non sono abbastanza belle, invece, le foto di Gianni Berengo Gardin, che presentano le grandi navi come Mostri a Venezia. Esposte dal Fai a Milano, le foto dovevano andare in mostra anche a Venezia, ma lo ha vietato un diktat del sindaco Brugnaro: i veneziani potranno vedere le foto (“immagine negativa di Venezia”) solo accanto al progetto di un nuovo canale per le mega-navi in Laguna (che sarebbe, dice lui, un’“immagine positiva”). Interessante idea: onde chi volesse fare una mostra fotografica sulla distruzione di Palmira dovrà affiancarla a un’altra con il punto di vista dell’Is; e una mostra di quadri sulla Strage degli innocenti non è ormai pensabile, a Venezia, senza un’altra che illustri le ragioni di Erode. Berengo Gardin è uno dei fotografi più famosi del mondo, e quelle sue foto piacciono a Ilaria Borletti-Buitoni (sottosegretario ai Beni Culturali), piacciono ai molti veneziani che il 6 settembre hanno inscenato a piazza San Marco un flash-mob coprendosi il volto con foto delle grandi navi. Ma il sindaco dice no. Quale bellezza salverà Venezia, quella dei mastodonti che incombono sul Canal Grande o quella delle foto che ne denunciano l’invadenza?

Nel suo impeccabile Liberi servi. Il Grande Inquisitore e l’enigma del potere (Einaudi), Gustavo Zagrebelsky smonta l’uso della frase “La bellezza salverà il mondo” (prelevata da Dostoevskij): essa «è palesemente una sentenza enigmatica, e invece è diventata un luogo comune, una sorta d’invocazione banale e consolatoria, una fuga dai problemi del presente». Nei nostri paesaggi e nelle nostre città, la bellezza non può darci nessuna salvazione in automatico, assolvendoci da ogni responsabilità. Al contrario, la bellezza non salverà nulla e nessuno, se noi non sapremo salvare la bellezza. Come scrive Iosif Brodskij, va evitato ad ogni costo «quel vecchio errore, inseguire la bellezza. Chi vive in Italia dovrebbe sapere che la bellezza non può essere programmata di per sé, anzi è sempre l’effetto secondario di qualcos’altro, spesso volto a fini quanto mai normali». Non fu per un’astratta bellezza, ma in funzione della cittadinanza, del potere o della fede, che si innalzarono palazzi e cattedrali; non fu per provocare estasi estetiche, ma per esprimere, in dialogo con i concittadini, pensieri sulla vita, sul mondo e sul divino, che Michelangelo o Caravaggio posero mano al pennello o allo scalpello. E se le nostre città sono belle (quando ancora lo sono), è perché sorsero per la vita civile, come uno spazio entro il quale lo scambio di esperienze, di culture e di emozioni avviene grazie al luogo e non grazie al prezzo.

Ma la bellezza “preter-intenzionale” delle città è devastata da una mercificazione dello spazio che ruota intorno a due feticci del nostro tempo, il grattacielo con la sua retorica verticale e la megalopoli in indefinita espansione orizzontale. Anche le piccole città “mimano” le megalopoli con quartieri-satellite, autostrade urbane e altri dispositivi di disorientamento. I centri storici si svuotano (il caso di scuola è Venezia), e fronteggiano un triste bivio: ora decadono a ghetto urbano riservato agli emarginati; ora, al contrario, subiscono una gentrification che li svilisce a festosi shopping centers o a enclaves riservate agli abbienti, e da centri di vita si trasformano in aree per il tempo libero, assediate da periferie informi e obese. Il paesaggio urbano diventa così un collage di suburbi, dove la distinzione fra quartieri segna una frontiera fra poveri e benestanti. Spariscono i confini della città (rispetto alla campagna), si moltiplicano i confini nella città. Il “centro storico” diventa un’area residuale, un luogo di conflitti la cui sorte dipende dagli sviluppi o dal ristagnare della speculazione edilizia, dall’andamento delle Borse, dal capriccioso insorgere di bolle immobiliari.

Eppure chi provoca tali devastazioni sbandiera invariabilmente la retorica della bellezza. Come ha scritto Brodskij (e proprio a proposito di Venezia), «tutti hanno qualche mira sulla città. Politici e grandi affaristi specialmente, dato che nulla ha più futuro del denaro. Al punto che il denaro si ritiene sinonimo del futuro e in diritto di determinarlo. Di qui l’abbondanza di frivole proposte sul rilancio della città, la promozione del Veneto a porta dell’Europa centrale, la crescita dell’industria, l’incremento del traffico in Laguna. Tali sciocchezze germogliano regolarmente sulle stesse bocche che blaterano di ecologia, tutela, restauro, beni culturali e quant’altro. Lo scopo di tutto questo è uno solo: lo stupro. Ma siccome nessuno stupratore confessa di esserlo, e meno ancora vuol farsi cogliere sul fatto, ecco che i capaci petti di deputati e commendatori si gonfiano di obiettivi e metafore, alta retorica e fervore lirico» ( Fondamenta degli incurabili, Adelphi).

La bellezza del passato è una perpetua sfida al futuro, scrive Brodskij. Ma la bellezza delle città non è estenuata e vacua forma, è prima di tutto vita civile. Perciò ha ragione papa Francesco a ricordare agli architetti che «non basta la ricerca della bellezza nel progetto, perché ha ancora più valore servire un altro tipo di bellezza: la qualità della vita delle persone, la loro armonia con l’ambiente, l’incontro e l’aiuto reciproco» ( Laudato si’ , § 150). Non c’è bellezza senza consapevolezza verso il passato e verso le generazioni future. La bellezza di cui abbiamo bisogno non è evasione dal presente: non c’è bellezza senza storia, senza una forte responsabilità collettiva. 

sabato 24 ottobre 2015

Mala edilizia e mattone selvaggio nelle denunce di Giovanni Bolzani e di Falò

Gli scandali di mala edilizia negli ultimi tempi si succedono con una frequenza sconcertante. In questo solo mese di ottobre, a tenere banco è stato il fallimento lampo dell'Adria, poi quello decretato contro l'impresa di costruzione Cea di Melide: in entrambi i casi, fanno da corollario scoperti per svariati milioni. Ed ora, a far parlare, è il fallimento di un'altra impresa di costruzione, questa volta denunciato dai banchi del Consiglio comunale dal consigliere PLR Giovanni Bolzani, da sempre attento al territorio. Al centro dell'interrogazione, un cantiere di Pregassona fermo da quasi un anno. Ne avevamo parlato anche noi nel nostro post del 27 aprile scorso "Maledilizia a Pregassona?". Stando a Bolzani, nel frattempo la ditta in questione sarebbe fallita, lasciando dietro di sé lo scheletro della palazzina in costruzione. Di sicuro, non naviga in buone acque. Come non pensare al caso Molina e al crack della sua società, il cui progetto immobiliare a Breganzona ha lasciato sul terreno due palazzine non ultimate? Dietro questi fallimenti spesso vi sono finanziamenti poco chiari, cumuli di precetti esecutivi, oneri sociale e salari non pagati. Ad andarci di mezzo, come sempre, maestranze e creditori.

La mala edilizia  è un male insidioso che, come ha denunciato la recente inchiesta di Falò "Mattone selvaggio",  si insinua nel tessuto sociale ed economico alla stregua di un tumore grazie a leggi spesso inadeguate e a sanzioni pecuniare irrisorie rispetto al danno che causa. Un tumore che si propaga anche tra chi dovrebbe far rispettare le leggi, come è il caso del sindaco di Corecepolo, comune dove nel 2011 è stata costruita una  strada prima ancora dell'ottenimento della licenza edilizia, accordata... nel 2014! A fronte di questo abuso macroscopico reso possibile dall'inossservanza spudorata della legge, il sindaco se l'è cavata con una multa di ... 700 franchi. Stesso discorso valgasi per l'aumento abusivo della SUL di uno stabile edificato a Vernate (aumento pari a 243 metri cubi, quasi un terzo in più di quanto consentito) denunciato dal sindaco del comune Giovanni Cossi, purtroppo inerme di fronte alla possibilità accordata dalla legge di acquistare metri quadrati in eccedenza ai confinanti.

L'abuso a Vernate; immagine tratta da Falò

Una legge che spalanca la porta agli abusi e favorisce i grossi speculatori con ingenti mezzi finanziari. Ecco allora che la politica del fatto compiuto sembra diventare sempre di più un modus operandi scelto deliberatamente nella consapevolezza di incorrere in sanzioni pecuniarie irrisorie rispetto al danno provocato. Ma a volte, fortunatamente, non è così. Ad Ascona, è esemplare il caso dell'attico abusivo costruito dall'ex vicesindaco (!) con il concorso, in guisa di architetto, del pianificatore comunale. Abuso sanzionato  con una multa pecuniaria di 5000 franchi e l'obbligo di ripristino dello stato antecedente i lavori.

Il ballo del mattone non conosce tregua e rischia di travolgere figure istituzionali chiamate a vegliare sul rispetto della legge. Come non pensare allo scandalo della villa di Davesco-Soragno edificata fuori zona edificabile e all'operato delle autorità comunali e cantonali preposte a far osservare le disposizioni in materia? Pur avendo difeso a spada tratta l'operato dei funzionai del DDT e ribadisto che tutto è stato autorizzato nel rispetto della legge, le asserzioni dell'ex consigliere di stato Marco Borradori a Falò non hanno aiutato a fugare i dubbi e fare interamente luce su una vicenda che presenta ancora diversi punti oscuri. Punti oscuri che l'avvocato Claudio Cereghetti, interpellato in proposito, ha sintetizzato così: "Ci si può chiedere come mai sia sia giunti al rilascio del permesso"!

Occorre reagire e agire con fermezza per impedire che il malvezzo mini la fiducia dei cittadini nelle istituzioni corrodendole dal suo interno. Occorre dotarsi di leggi più consone a fronteggiare un fenomeno che sta mettendo a prova il territorio nella sua componente più delicata: il rapporto tra autorità e cittadini. Benvenga dunque la chiarissima presa di posizione del Governo a favore dell'approvazione da parte del Gran Consiglio di buona parte dei postulati dell'iniziativa popolare della STAN "Un futuro per il nostro passato" per una più incisiva tutela del paesaggio. Poiché, riprendendo le conclusioni del mio post sulla mala edilizia a Pregassona, "i ripetuti casi di malcostume imprenditoriale richiedono una risposta ferma, corale e univoca da parte di tutti gli attori coinvolti, politici, imprenditori, sindacati. Occorre evitare che esso si diffonda ulteriormente e attecchisca definitivamente all'ombra di normative, mezzi e personale insufficienti come pure di un approccio inadeguato a fronte di una realtà di frontiera sempre più sotto pressione".

Ortica

venerdì 25 settembre 2015

Gandria: partito il ricorso contro l'ennesima bocciatura

L'aveva annunciato e ha tenuto fede alla parola: l'architetto Lo Riso, progettista del contestato "Borgo degli Ulivi" - promosso dall'ex sindaco di Gandria Luca Pacchin- si è rivolto al TRAM, il tribunale amministrativo. Oggetto del contendere, la recente decisione del Consiglio di stato di respingere il ricorso contro il diniego della licenza edilizia da parte della città di Lugano. Concordiamo con chi sostiene che l'unica soluzione per mettere fine all'annosa vertenza sia una revisione del Piano regolatore di Gandria e la protezione integrale del villaggio, richieste per cui si battono da anni i gandriesi, i principali interessati.

da: Viva Gandria

 Ortica

mercoledì 23 settembre 2015

Parco Hesse e Gandria: si giocano le ultime carte

Questo inizio di autunno precoce ci ha regalato due notizie rallegranti per la tutela del territorio, a dimostrazione dell'accresciuta sensibilità delle autorità per la salvaguardia di quello che ancora non è stato inghiottito dalla voracità delle ruspe e della speculazione immobiliare. Da un canto, l'ennesima bocciatura da parte del Consiglio di stato del progetto per l'edificazione di un complesso nel parco di quella che fu la dimora a Montagnola dello scrittore e premio Nobel Hermann Hesse. Dall'altro, la decisione del Governo di rispedire al mittente il ricorso contro il diniego del Municipio di Lugano di concedere la licenza edilizia al controverso progetto immobiliare "Borgo degli ulivi" a Gandria.

Entrambi hanno sollevato un coro di critiche e di opposizioni, non da ultimo anche della STAN, la Società ticinese per l'arte e la natura. Unanime, la condanna di progetti che stravolgono l'armonia paesaggistica di entrambi i luoghi, contravvenendo al principio dell'inserimento armonioso nel paesaggio: nel caso di Montagnola, gli edifici formerebbero un fronte unico di oltre cento metri, costituendo quindi una costruzione continua;  nel caso di Gandria,  il complesso di palazzine del "Borgo degli ulivi" verrebbe a costituire un fronte unitario senza scorci.

Nei due casi, nonostante le modifiche apportate ai progetti iniziali, a prevalere sembra essere l'ostinata cocciuttaggine dei promotori, refrattari all'idea - come nel caso dell'ex parco Hermann Hesse-  che l'edificazione comprometterebbe  l'integrità di un luogo eminentemente simbolico e l'eredità spirituale e culturale dello stesso;  e - nel progetto targato dall'ex sindaco di Gandria Luca Pacchin-  che il complesso in questione  sarebbe manifestamente incompatibile con gli irrinunciabili valori paesaggistici di un insediamento di importanza nazionale ISOS.  A monte, vi è comunque il nodo gordiano dell'edificabilità dei terreni. E a quello si appigliano i promotori.

Nel caso di Gandria, a dar manforte all'Isos, vi sono anche la nuova Legge sullo sviluppo territoriale, la Legge federale sulla protezione della natura e del paesaggio, e la scheda P10 del Piano Direttore 2008.  Che, per dirla tutta, sarebbero motivi ampiamente sufficienti per indurre la città di Lugano ad una revisione del PR del suo quartiere affacciato sul lago.  Nel caso del parco dell'ex Casa Rossa, è invece l'eredità spirituale e culturale di questo luogo -emblematico per l'opera e la vita dello scrittore tedesco- a fornire gli strumenti giuridici per la sua tutela. Il legame tra creazione letteraria e luoghi che la ispirarono è incontestabile:  la nuova Legge sulla pianificazione del territorio contempla infatti i mezzi per sostenere progetti di valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. Rientrebbe in questa categoria la proposta della STAN di creare un Parco letterario Hermann Hesse, tassello coerente di un percorso già esistente.

Ai promotori, rimane un' ultima carta: quella del ricorso al Tribunale amministrativo cantonale. Il legale di Pacchin è intenzionata ad usarla e lo ha già annunciato. Affaire à suivre.

Ortica





venerdì 11 settembre 2015

Nuova associazione di cittadini a Viganello



Sull'onda del crescente coinvolgimento dei cittadini a favore della tutela del loro ambiente di vita, negli ultimi anni abbiamo assistito alla crescente influenza di associazioni che operano nel Luganese: citiamo a titolo di esempio "Uniti per Bré" grazie al cui impegno per la modifica del PR di Lugano si è potuti impedire il deturpamento del villaggio di Bré o, i "Cittadini per il territorio di Massagno" attivi su più fronti e tra le principali voci critiche del PAL2. I semi che queste associazioni hanno contribuito a gettare nel territorio prima o poi germogliano: lunedì 24 settembre, infatti, si costituirà la nuova "Associazione di cittadini di Viganello".
Un'iniziativa che merita di essere segnalata e che potresse essere d'esempio per molti altri quartieri di Lugano giacché, a monte della loro decisione, vi è la constatazione "che le commissioni di quartiere non hanno mai avuto un ruolo di reale rappresentanza dei cittadini (...) senza effetti sulla vita vera e concreta nei quartieri".
Un caloroso benvenuto alla nuova Associazione! L'appuntamento per la serata costitutiva è nella sala multiuso dell'istituto scolastico Viganello/Monte Bré alle ore 20'30.
Ortica


lunedì 27 aprile 2015

Maledilizia a Pregassona?


Da qualche anno assistiamo impotenti alla trasformazione radicale del nostro territorio, divenuto ormai terra di conquista per immobiliaristi  d'assalto, cementificatori a oltranza e affaristi di ogni tipo. Purtroppo, l'assalto al territorio non accenna a diminuire e con esso nemmeno lo sfruttamento della manodopera, fenomeno che ha messo radici anche da noi con l'esplosione della crisi nella vicina Italia. I casi di abusi, caporalato, irregolarità non hanno risparmiato neppure l'ex cantiere del LAC, più volte finito sulle pagine dei giornali.


Casi che il più delle volte, tuttavia, non vengono alla luce, complice il silenzio di chi non ha interesse a denunciare le irregolarità perché della maledilizia ci campa: gli operai in nero, sottopagati e sfruttati.


Pregassona, ormai quartiere di Lugano. Casualmente vengo a sapere che un cantiere per la costruzione di una palazzina è fermo da quasi tre mesi. Lo scheletro dell'edificio -giunto ormai a tetto - è un po' straniante, evoca immagini alle quali non siamo abituati. Tutto, apparentemente, sembra in regola. Sul cartello di cantiere, il nome dell'impresa responsabile: risulta iscritta all'albo delle imprese del Cantone e al Registro di commercio.


Vengo pure a sapere che la persona che ha venduto il terreno sul quale sta sorgendo la palazzina è al corrente di alcuni retroscena inquietanti. Gli operai presenti sul cantiere hanno lavorato in nero per cinque mesi senza ricevere uno straccio di stipendio. Le è stato riferito che per tacitare le loro richieste, l'impresa aveva promesso loro di pagarli non appena fossero giunti "a tetto". Nel frattempo, sembrano essersi volatilizzati. Mazziati e pure cornuti, direbbe qualcuno.


La loro testimonianza sarebbe preziosa, ma nell'impossibilità di risalire alla loro identità, l'unica evidenza è l'impunità -certa- di chi ne ha abusato. E la sicurezza di non rischiare alcuna denuncia da parte di chi si sa vulnerabile perché in situazione irregolare sul territorio. L'impresa ha altri due progetti in cantiere che promuove in rete: come escludere con certezza il ripetersi degli abusi?


Tanto più che su Internet mi imbatto in alcuni articoli che gettano un'ombra allarmante sul passato dell'amministratore della società. Nome, cognome, origine tutto collima con le informazioni sul suo conto: e se si trattasse comunque di un'omonimia? Rimane da augurarselo: dagli articoli (di alcuni anni fa) l'uomo risulta implicato in un caso di abusivismo edilizio all'origine del crollo della gradinata di un teatro, come pure coimputato in una maxi-inchiesta aperta in Sardegna per concessioni edilizie e operazioni paesaggistiche abusive. Nonostante la condanna, ha potuto evitare il carcere grazie alla prescrizione.


La vicenda solleva diversi interrogativi che coinvolgono in primis le autorità chiamate a garantire la sorveglianza e la legalità sui nostri cantieri. Ma anche i cittadini chiamati a non rendersi complici dell'omertà grazie alla quale prosperano, indisturbati, il malaffare e il sottobosco immobiliari nel nostro cantone.


Mi dico che il caso meriterebbe un intervento dell'Ufficio dell'ispettorato del lavoro. Consulto il formulario dell'UIL per la segnalazione di situazioni problematiche: purtroppo, l'elenco dei casi passibili di segnalazione non contempla né l'impiego di personale in nero né la mancata retribuzione dello stesso... un invito a nozze, per chi campa di maledilizia.


Eppure, i ripetuti casi di malcostume imprenditoriale richiedono una risposta ferma, corale e univoca da parte di tutti gli attori coinvolti, politici, imprenditori, sindacati. Occorre evitare che esso si diffonda ulteriormente e attecchisca definitivamente all'ombra di normative, mezzi e personali insufficienti come pure di un approccio politico inadeguato a fronte di una realtà di frontiera sempre più  sotto pressione.


Ortica

venerdì 13 marzo 2015

Copertura di Palazzo Turconi e taglio dei cedri: do ut des?

Da Mendrisio sono giunte una buona e  una cattiva notizia. Entrambe datate - ce ne scusiamo - ma la cui importanza ci spinge a parlarne comunque. La prima è la ormai nota decisione del Municipio di negare all'Accademia di architettura la licenza edilizia per la copertura della corte interna dell'ex Ospedale Beata Vergine. Una decisione che mette fine ad una controversia che ha visto STAN e Accademia ai ferri corti duellare a suon di opposizioni e prese di posizione sui giornali. A nulla sono valsi i tentativi dell'Accademia di far prevalere i suoi interessi logistici -la necessità di ampliamento della biblioteca- su quelli pubblici sanciti per legge: preservare integralmente la sostanza dell'edificio in quanto bene protetto dal Cantone e dalla Confederazione. Ha dunque fatto bene la STAN ad appellarsi alle massime autorità federali pur di impedire un intervento che, di fatto, avrebbe costituito una crassa violazione delle leggi cantonali e federali in materia di protezione dei beni culturali.

Deplorevole, invece, la decisione dello stesso Municipio di autorizzare l'abattimento dei due cedri secolari situati sul retro di Palazzo Turconi, ancor prima che fosse data risposta ad un'interpellanza sui due alberi -rei di intralciare il cantiere del futuro teatro dell'Accademia. L'impressione -amara- è quella di un goffo tentativo di riparazione: licenza negata, ma taglio accordato.  L'operazione stupisce per la velocità con la quale è stata effettuata. E lascia oltremodo perplessi per le modalità irrispettose di una procedura che avrebbe dovuto anteporre il rispetto delle istituzioni -il Legislativo non ha avuto modo di pronunciarsi -all'urgenza con la quale è stato autorizzato l'intervento (motivato, come spesso già accaduto in casi analoghi, adducendo il cattivo stato di salute di una delle due piante).

Ebbene, il teatrino è proseguito nel corso della seduta del consiglio comunale in agenda il 23 febbraio. All'ordine del giorno, figurava la mozione "Mendrisio si doti dell'inventario degli alberi meritevoli di protezione"! Risalente all'ottobre 2013 a firma dei consiglieri comunali verdi Tiziano Fontana, Claudia Crivelli  Barella e Andrea Stephani, chiedeva tra le altre cose che, in attesa di un inventario degli alberi meritevoli di protezione, fossero adottate misure cautelari necessarie ad impedire l'abbattimento di alberi meritevoli di conservazione... Ma la mozione non ha trovato grazia agli occhi del consiglio comunale. Allineandosi al parere dell'esecutivo, che aveva già espresso un preavviso negativo, non ne ha voluto sapere. 

A margine di questa vicenda, alquanto discutibile, una domanda sorge spontanea: l'Esecutivo del magnifico borgo, scavalcando - de facto - il legislativo con la sua decisione unilaterale di tagliare le due piante secolari, non ha mai ritenuto doveroso fornire una motivazione ufficiale del suo atto profondamente irrispettoso delle istituzioni e della democrazia? Ai nostri occhi sarebbe un atto dovuto, non solo nei confronti del Consiglio Comunale, ma anche di tutti i cittadini.

Ortica


martedì 3 marzo 2015

Rione Madonnetta a rischio: gli inquilini insorgono e scrivono al Municipio

Vento di fronda tra gli inquilini degli stabili di Via Marco da Carona e di Via Ferri a Molino Nuovo. E c'è di che. Gli stabili potrebbero venire demoliti, nonostante il loro inserimento nell'elenco dei beni culturali di interesse locale (BCL) nell'ambito della Variante di piano Regolatore approvata nel settembre 2011. Dopo la decisione del precedente municipio di sostenere il ricorso presentato al Consiglio di stato dalla Cassa pensione di Lugano (CPDL), proprietaria del mappale, contro la loro tutela, i vecchi immobili sono a rischio. Ma i diretti interessati non ci stanno e in una lettera aperta al Municipio chiedono di salvare tutto il Rione Madonnetta.

Con la prevista riqualifica del comparto e dei due fondi adiacenti (pure di proprietà della CPDL) ,  il volto di Molino nuovo - già profondamente segnato dalle trasformazioni degli ultimi anni - rischia di perdere definitivamente parte della sua identità. Il complesso degli stabili di Via Marco da Carona e di Via Ferri costituiscono infatti un esempio di edilizia popolare del periodo postbellico in quello che era un quartiere popolare e artigianale. E per questo, meritevoli di tutela in quanto parte integrante della sua storia e della sua identità.

Ma non solo. La loro realizzazione fu affidata agli architetti Cavadini & Beeler, autori (i primi) di costruzioni significative dell'architettura del '900 ticinese, tra cui l'ex -ahimé- Clinica San Rocco di Lugano ( E qui apriamo una parentesi doverosa e dolorosa. La clinica fu costruita negli anni 1934-1935 da Eugenio e Agostino Cavadini. Citata niente di meno che nella Guida d'arte della Svizzera italiana come "uno dei primi edifici razionalisti del Cantone"  è stata demolita nel 2011 per fare posto... all'ennesima palazzina residenziale).

Dicevamo.  Non è soltanto la qualità architettonica di un'opera che concorre a determinare il suo valore quale bene culturale da tutelare, bensì anche il suo interesse pubblico in quanto testimonianza della nostra memoria. Non è forse quanto afferma la stessa Commissione federale dei monumenti storici? "Un oggetto del passato con particolare carattere di testimonianza diventa monumento storico attraverso il riconoscimento della società".

Al complesso del Rione della Madonnetta, in quanto insieme di stabili di valore sociale, si può pertanto attribuire una connotazione storico-culturale pari a quella della Masseria di Trevano, esempio di costruzione rurale tipica della storia del nostro Cantone. Entrambe sono testimonianze storiche, parte della nostra memoria collettiva. Memoria cui fanno d'altronde riferimento anche gli autori della lettera aperta al Municipio:
 "Chiediamo - scrivono - che anche questo nostro Rione non venga inutilmente sacrificato perché rappresenta una significativa parte della storia della nostra Città, del nostro Quartiere (come pubblicizzato nel sito della Città a riguardo della storia dei quartiere di Molino Nuovo, dove viene proprio citata la “Via Marco da Carona” e la “zona della Madonnetta”).
E proseguono: "Questi stabili, assieme ad altre significative opere adiacenti come l’asilo di via Ferri, sono parte del patrimonio comune e degno di salvaguardia da un destino “incerto” affinché, come diceva Tita Carloni, “…le città non diventino sempre più brutte ed ingiuste ….”.

Ci fermiamo qui. Quale conclusione migliore se non le parole di Tita Carloni?

Ortica


giovedì 26 febbraio 2015

Salvatore Settis e la bellezza del mondo

Nel primo capitolo del suo nuovo libro "Il mondo salverà la bellezza?" pubblicato da Ponte alle Grazie e dedicato all'urgenza di un ripensamento del nostro rapporto con le risorse limitate del pianeta, Salvatore Settis cita Isaia (5,8,9): 
«Guai a voi che ammucchiate casa su casa e congiungete campo a campo finché non rimanga spazio e restiate i soli ad abitare la Terra. Ha parlato alle mie orecchie il Signore degli eserciti. Edificherete molte case ma resteranno deserte per quanto siano grandi e belle, e non vi sarà nessuno ad abitarle». 

Perché Isaia? Perché, scrive Settis", "la speculazione edilizia, la spietata cementificazione del territorio senza nessun rapporto con la crescita demografica (che invece, come tutti sanno, non c’è), l’accumulo di proprietà terriera in funzione della mera rendita fondiaria hanno la conseguenza di sigillare il suolo, impedire al suolo di respirare, di esercitare le sue funzioni ecologiche di sistema. Questo passo di Isaia, insomma, mostra il valore del pensiero profetico, evidenziando un accostamento, molto efficace anche nel nostro contesto, tra la terra coltivata, o coltivabile, e le abitazioni, che si affollano anche per il cieco impulso dell’uomo a cementificare."

Sul tema della devastazione dell'ambiente, della sua cannibalizzazione, un articolo a firma del noto studioso è apparso su Repubblica lo scorso 12 febbraio. Lo pubblichiamo integralmente.

Ortica

”«È urgente elaborare un pensiero comune pratico, uno stesso insieme di convinzioni volte all’azione, innescata dal bene comune e indirizzata alla politica». Sono parole di Jacques Maritain all’Unesco, nel clima della guerra fredda (1947). Ma valgono ancora oggi come un’agenda minima per reagire alla devastazione della natura, al cieco accanimento con cui (gli italiani in prima linea) continuiamo a distruggerla cannibalizzando ambiente e paesaggi. Si suol dire che «la bellezza salverà il mondo». Sono parole che Dostoevskij (nell’Idiota) mette in bocca al principe Myškin, e che in quel contesto hanno un contenuto intensamente mistico. Ma non dobbiamo usarle come un mantra auto-assolutorio: dovremmo sapere, invece, che la bellezza non salverà il mondo se noi non sapremo salvare la bellezza.
Intuizioni religiose e pensiero laico devono convergere, secondo le parole di Maritain. Proviamo a darne qualche esempio. Isaia 5,8: «Guai a voi che ammucchiate casa su casa e congiungete campo a campo finché non rimanga spazio e restiate i soli ad abitare la Terra. Ha parlato alle mie orecchie il Signore degli eserciti: “Edificherete molte case ma resteranno deserte per quanto siano grandi e belle e, non vi sarà nessuno ad abitarle”». Parole che paiono scritte per l’Italia di oggi, dove si edifica “casa su casa” in nome della favoletta secondo cui solo l’edilizia è motore di sviluppo; ma i 5 milioni di appartamenti invenduti e la cementificazione del territorio senza nessun rapporto con l’inesistente crescita demografica dimostrano che non è così. Al di là di questa suggestione, il passo di Isaia evidenzia efficacemente il contrasto fra crescita delle case e devastazione dei campi coltivati.
Altro esempio tratto dai libri sacri, il detto Ama il prossimo tuo come te stesso, che è già nel Levitico e poi nei Vangeli. Commentandolo, Enzo Bianchi ha scritto che questo precetto «non basta più; oggi bisogna dire: “Amerai la Terra come te stesso”»; perché la Terra non è «uno scenario per l’uomo, ma costituisce una comunità la cui relazione è stretta e decisiva per gli animali, per le piante, per noi. In cui uno stesso spazio è condiviso ed abitato ed in cui vive un unico destino, in cui ci deve essere solidarietà per abitare armoniosamente in pace la Terra ». Ma che cosa voleva dire Nietzsche, quando (in una pagina del Così parlò Zarathustra) scrive: «Il vostro amore del prossimo è cattivo amore per voi stessi. Vi consiglio io forse l’amore per il prossimo? No; io vi consiglio la fuga dal prossimo e l’amore verso i più lontani; perché più nobile dell’amore per il prossimo è l’amore per i più lontani e per l’avvenire. Il “futuro” e “quel che è più lontano” siano dunque, per te, la causa che genera l’oggi». Dietro l’apparente svalutazione del precetto evangelico emerge la sua radicalizzazione: in nome della superiorità del futuro sul presente, Nietzsche suggerisce che dobbiamo amare non tanto i “prossimi”, troppo simili a noi, bensì i lontani: soprattutto i lontani nel tempo, le generazioni future. È per loro che dobbiamo preservare la Terra.
Nella vivace discussione sui diritti delle generazioni future, i temi ricorrenti sono la protezione del clima e dell’atmosfera, la conservazione della biodiversità, la tutela dell’ambiente, la gestione delle fonti di energia e dei rifiuti, il controllo delle biotecnologie, la tutela del patrimonio culturale. Il nesso forte tra bellezza e salute (del corpo e della mente), e dunque fra “paesaggio” e “ambiente”, è parte essenziale di questa storia, che ha radici assai antiche. In un trattato attribuito a Ippocrate, Arie acque luoghi(fine del V secolo a.C.) è chiaro il nesso fra malattia e ambiente; perciò le patologie vi sono distinte fra “comuni” a tutti e “locali”, cioè legate a infelici condizioni ambientali. Fu questa una preoccupazione costante della medicina greca, e non solo: un decreto di Atene del 430 a.C. vietava «di mettere i pellami a imputridire nel fiume Ilisso, di praticare in quell’area la concia delle pelli e di gettarne gli scarti nel fiume». Nello stesso spirito, Platone scrive nelle Leggi che «l’acqua si inquina facilmente; perciò è necessario proteggerla per legge. E la legge deve punire chiunque corrompa l’acqua sapendo di farlo, condannandolo a pagare un’ammenda e a ripulire l’acqua a proprie spese».
Oggi dobbiamo ripetere gli stessi identici principi, ma estendendo enormemente lo sguardo. Nessun crimine ambientale è abbastanza lontano da noi da poterlo ignorare: non la deforestazione in Brasile, non il “continente di plastica” (grande quattro volte l’Italia) che galleggia nel Pacifico, non la distruzione di specie vegetali e animali nel Madagascar, non le conseguenze dei disastri nucleari in Ucraina e in Giappone. In questo pianeta senza vere lontananze, “l’amore verso i più lontani” fa tutt’uno con la cura per noi stessi. Ma le generazioni future hanno davvero diritti, anche se non sono in grado di rivendicarli? E in nome di che cosa noi dobbiamo rappresentare oggi i loro diritti di domani?
Distinguiamo, come facevano i Romani, gli immutabili principi del Diritto (ius)dalla mutevole varietà delle leggi (leges),calibrate ad arbitrio dei governanti. Orientiamo la bussola sulle istanze di fondo di un alto sistema di valori incardinato sulla protezione della natura e della salute umana, ma anche sull’etica pubblica e la moralità individuale. Le singole leggi possono conformarsi o meno a questi alti principi, ma quando non lo fanno la disobbedienza civile è un dovere. Disobbedienza ispirata dalla nozione di pubblico interesse, che rilancia temi assai antichi: perché quando gli antichi Statuti dei Comuni e le leggi degli Stati preunitari parlavano di bonum commune o di publica utilitas avevano di mira proprio i diritti delle generazioni future, ed è per questo che hanno costruito per noi le città che abitiamo, i paesaggi che andiamo devastando.
Nel suo Principio responsabilità(1979), Hans Jonas scrive che «la comunanza dei destini dell’uomo e della natura, riscoperta nel pericolo, ci fa riscoprire anche la dignità propria della natura, imponendoci di conservarne l’integrità ». È «l’imperativo ecologico», che secondo Peter Häberle comporta «un nuovo sviluppo dello Stato costituzionale, che deve ormai assumere responsabilità verso le generazioni future, e perciò è obbligato a tutelare l’ambiente, deve cioè diventare uno Stato ambientale di diritto». È di qui che nascono la nozione di ecocidio e la proposta di creare un tribunale internazionale contro i crimini ambientali. È di qui che ha origine il nesso forte fra diritto ambientale e diritto alla salute, che si sta affermando nelle nuove Costituzioni come quella della Bolivia (2009), che prescrive «un ambiente sano, protetto ed equilibrato» per «gli individui e le comunità delle generazioni presenti e future» (art. 33). Ma la priorità del bene comune è centralissima già nella nostra Costituzione, in particolare nell’art. 9 (tutela del paesaggio e del patrimonio artistico), nel suo intimo nesso con l’art. 32 (diritto alla salute), evidenziato dalla Corte Costituzionale. Ambiente, paesaggio, beni culturali formano un insieme unitario e inscindibile con la cultura, l’arte, la scuola, l’università e la ricerca. Con esse, concorrono in misura determinante al principio di uguaglianza fra i cittadini, alla loro «pari dignità sociale» (art. 3), alla libertà e alla democrazia. Per la nostra Costituzione, attualissima ma inattuata, la tutela dell’ambiente, del paesaggio, dei suoli agricoli è strumento di libertà e di democrazia. Perciò è triste che si parli tanto di cambiare la Costituzione, e così poco di metterne in pratica i principi e lo spirito.”



mercoledì 11 febbraio 2015

Mendrisio e cedri di Palazzo Turconi: perché tanta fretta?


La fretta con la quale sono stati abbattuti i due cedri sul cantiere del futuro Teatro dell'Accademia, fretta che -avevamo denunciato- aveva persino indotto il municipio a rilasciare l'autorizzazione al loro taglio in barba all'interpellanza sulla loro sorte, sta sollevando qualche interrogativo.

In proposito, ha preso posizione il gruppo Insieme a Sinistra: "I cedri secolari dietro i Capuccini sono stati abbattuti senza pietà, prima ancora che il Municipio rispondesse all'interpellanza presentata dai Verdi. E' sconcertante! Insieme a Sinistra ritiene questo modo di procedere profondamente irrispettoso e lesivo del funzionamento della democrazia. Il Legislativo, chiamato a svolgere il suo fondamentale ruolo di vigilanza, è stato scavalcato. Mentre ai due cedri è andata molto peggio. Come minimo ci saremmo aspettati una sospensione dei lavori e una risposta durante la prosssima seduta del Consiglio Comunale, il 23 febbraio".

Come mai tanta fretta? si chiede ancora Insieme a Sinistra. La domanda è più che lecita e merita una risposta. Aspettiamo con impazienza. 

Ortica

martedì 10 febbraio 2015

La fine ingloriosa dei due cedri di Palazzo Turconi

26 gennaio 2015: inizio dei lavori sul cantiere del futuro teatro dell'architettura di Mendrisio. 9 febbraio 2015: le motoseghe entrano in azione e abbattono i due maestosi cedri che si ergevano sul retro dell'ex Ospedale Beata Vergine. Tra le due date, un'interpellanza dei consiglieri comunali verdi Tiziano Fontana e Claudia Crivelli-Barella. Rimasta inevasa.  Tale fretta non fa onore né al municipio di Mendrisio e nemmeno all'Accademia di Mendrisio, nonostante il pronto rammarico espresso per l'intervento. Che, cela va-de-soi, a suo avviso era inevitabile. Il cantiere -si è giustificata- avrebbe accelerato la fine di uno degli alberi già morente e compromesso l'altro, troppo vicino al primo per sopravvivere. Alberi centenari sacrificati sull'altare della prevista riqualifica dell'area, riqualifica il cui significato, tuttavia, differisce profondamente da quello attribuitole da Tiziano Fontana. E ha fatto bene a puntualizzarlo:"I veri architetti rispettano profondamente il contesto in cui inseriscono le loro opere e proteggono il patrimonio storico e naturalistico per il suo valore culturale e civile".

Altrettanto amareggiata Claudia Crivelli-Barella, di cui riproduciamo integralmente l' intervento sul portale "ticinonews":

“Ti auguro di vivere in tempi interessanti” era nell’antica Cina una maledizione, essendo definiti interessanti i tempi di guerre e delle carestie che ne facevano seguito…Anche noi viviamo in tempi interessanti, viene da pensare girando per le strade intasate dal traffico, e senza rispetto per niente e per nessuno che non siano i temporanei interessi economici dell’ultima impresa in corso, etichettata con la sigla di moda che varia da “valore aggiunto” a “eco” a “cultura”: sigle vuote alle quali ci hanno abituati decenni di pubblicità intese solo ad incrementare i profitti.In un’altra cultura, differente dalla nostra, il Giappone, si usava onorare gli alberi come testimoni di un Tempo sacro al quale l’umano si inchinava. È ancora usanza compiere dei giri attorno ai grandi alberi secolari, riflettendo sulla propria vita e augurandosi che ogni anello fatto benedica ciascuno degli anni che restano da vivere sulla terra.

Da noi, gli alberi si tagliano appena danno fastidio. Si dice che sono malati, e certo che lo sono: incurie, costruzioni selvagge, inquinamento, disamore…anche i bambini e gli anziani non se la passano bene, e tutti noi nel mezzo arranchiamo in qualche modo.Ho un nodo alla gola oggi, guardano le fotografie dei cedri abbattuti vicino a Palazzo Turconi, e passerò per un ultimo saluto quando scenderà sera. Non voglio scagliare improperi e maledizioni, ma non intendo neppure per ora ascoltare le spiegazioni che già conosco, le stesse usate per gli altri alberi abbattuti per far posto al cemento che avanza. Mi inchino alla loro storia, e li ricorderò finché avrò vita, temendo che i bambini che ora stanno crescendo non potranno ricordare una Mendrisio dove ancora esistevano alberi maestosi.

Gli alberi non votano, non hanno valore commerciale, non sono importanti. Per alcuni. Per me, come era per gli antichi druidi ma anche per le persone che incontro e che piangono per la sofferenza degli alberi, la loro scomparsa è un dolore fisico.

Non ho molto da aggiungere, eccetto un suggerimento ai promotori della "Residenza ai Cedri" di Via Turconi 2 la cui consegna è prevista nel giugno di quest'anno. Siete ancora in tempo per trovarle un nuovo nome. "Residenza agli ex cedri" sarebbe più azzeccato.

Ortica


domenica 8 febbraio 2015

Il teatro dell'Accademia e i due cedri monumentali a rischio



A chi mai verrebbe in mente di abbattere due monumenti della natura come questi? 

immagine:"La Regione"

Eppure, questi due magnifici cedri potrebbero fare una brutta fine per il solo torto di intralciare il cantiere per l'edificazione del teatro dell'architettura, progetto promosso e voluto dall'Accademia  d'architettura di Mendrisio. A denunciarlo, due consiglieri comunali verdi di Mendrisio (Tiziano Fontana e Claudia Crivelli Barella)  in un' interpellanza  ripresa da "La Regione". Dal momento che il comparto - sottolineano- , è catalogato dall'ISOS (Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere) quale obbiettivo di salvaguardia A, i due alberi sono tutelati o inventariati nel piano del paesaggio?

Abbiamo spesso parlato di alberi. Gli alberi meritano di essere salvaguardati alla stessa stregua del nostro patrimonio, poiché  parte della nostra storia e della nostra memoria collettiva. Chi non ricorda la vasta ondata di indignazione sollevata a suo tempo dal ventilato abbattimento dei cedri della clinica Moncucco? E come non pensare all'interrogazione  di qualche anno fa al Municipio di Lugano -battezzata  significativamente "Gli alberi sono di tutti e dunque nessuno se ne occupa?"- che sollevava il problema dell'inutile messa a rischio degli alberi durante i lavori sui cantieri pubblici e privati? Una fra le tante, che in questi ultimi anni e a scadenze regolari mettevano all'indice la scarsa tutela del verde cittadino e sottolineavano la necessità di difendere il patrimonio botanico da interventi scriteriati e abbattimenti discutibili.

Da anni, gli alberi sono sotto tiro. Eppure  un regolamento del verde pubblico è rimasto lettera morta malgrado i reiterati appelli dei verdi luganesi. Benvengano, perciò, interventi come quelli di Tiziano Fontana e Claudia Crivelli Barella volti a preservare, anche a Mendrisio, "un angolo prezioso di verde pubblico".

Ortica

mercoledì 4 febbraio 2015

Ruspe a Pian Povrò


Le ruspe a Pian Povrò continuano a far discutere, quanto la decisione pilatesca del Consiglio di stato (ne avevamo parlato in un post dello scorso 19 novembre) all'appello lanciato dai Cittadini per il territorio di Massagno di fermare l'edificazione di questa pregiata zona agricola alla periferia di Lugano. Vi proponiamo l'articolo apparso sul settimanale Azione lo scorso mese di gennaio.
Ortica 

martedì 3 febbraio 2015

Bré e la svolta sostenibile del CC di Lugano

Ci sono voluti ben cinque anni, per vedere accolta (seppur parzialmente) la mozione interpartitica che nel 2010  chiedeva di porre un freno alla speculazione edilizia sul Monte Bré mediante la revisione del Piano regolatore. Eppure questi cinque anni   hanno funto da  laboratorio, da fucina democratica, che ha visto confrontarsi (spesso a muso duro) i fautori di una politica dello statu quo e quelli di una pianificazione condivisa tra cittadini e autorità, in primis l'associazione "Uniti per Bré" nata proprio per salvaguardare il villaggio e l'ambiente circostante da una nuova colata di cemento nella pregiata zona cosiddetta "Ai piani".

da "Uniti per Bré"

La svolta impressa ieri dal Consiglio comunale con l'accettazione all'unanimità di tre dei cinque punti della mozione  (allestimento di un nuovo piano regolatore, di un piano particolareggiato delle zone limitrofe e la ridefinizione delle zone edificabili) è emblematica e significativa di come la percezione del territorio stia mutando- e in meglio. Si fa strada una nuova sensibilità che nel territorio vede sempre di più un bene comune da preservare e sempre di meno una risorsa da saccheggiare. Una trasformazione che si innesta in un discorso molto più ampio, in atto un po' ovunque, alla nostre latitudini e non solo. Pensiamo, a livello federale, alla nuova Legge sullo sviluppo territoriale o,  per quel che concerne il nostro Cantone, alla recente riuscita delle due iniziative "Spazi verdi per i nostri figli" e "Un futuro per il nostro passato" ma anche, a livello istituzionale, della brusca frenata impressa dal Dipartimento del territorio alle scelte pianificatorie del municipio di Mendrisio per il comparto di Valera (leggete in proposito il commento di Daniela Carugati "Un mondo alla rovescia" apparso su "La Regione").

La nuova realtà venutasi a creare con le aggregazioni e l'accorpamento nella grande Lugano (ormai soltanto tale in quanto a superficie...) anche di villaggi inseriti nell'Inventario federale ISOS -come Bré, appunto-  impone un ripensamento di quello che è l'attuale contesto urbano: non più locale ma regionale. Lungimirante in proposito, il commento dell'ingegner Pierino Borella apparso nel novembre di due anni fa sul "Corriere del Ticino". Oggi, oltre muoverci in nuovo contesto urbano regionale, occorre fare i conti con i piani di paesaggio comprensoriali previsti dalla nuova LST.  La revisione del PR di Lugano - scriveva Borella - si presenta pertanto come un'opportunità unica per allestire un  disegno paesistico con importanti ricadute sulla qualità urbana e "dovrebbe essere incorniciata in un progetto di paesaggio comprensoriale regionale".

La decisione di ieri del CC potrebbe essere il primo, importante passo in questa direzione. Tanto più che un progetto paesaggistico di ampio respiro è imprescindibile da quello che l'architetto e docente all'Accademia di Mendrisio João Gomes da Silva (citato da Borella) considera "un processo d'ascolto per capire le caratteristiche intrinsiche di quel luogo, per comprendere l'intensità e le potenzialità delle energie che determinano le funzioni che sostengono quel dato paesaggio".  Partecipazione condivisa, progetto d'ascolto, bene comune, rivisitazione dei margini tra edificabile e non edificabile ...benvenga la nuova svolta voluta, fortissimamente voluta, da tutti i gruppi e le associazioni di cittadini che in questi anni si sono  battuti con tenacia e caparbietà per una grande Lugano più rispettosa dei grandi valori storici e culturali del suo comprensorio.

Ortica