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martedì 31 gennaio 2012

L'incubo del contabile e la mercificazione del suolo

Ascoltare o leggere gli interventi di Salvatore Settis è sempre un arricchimento. Le sue analisi sono lucide, le sue parole pesano come macigni, le sue riflessioni invitano a un ripensamento del nostro rapporto con il territorio.

Salvatore Settis da comunedeicittadini.it

In Italia - ma per certi versi anche da noi -  lo sviluppo economico basato essenzialmente sull'edilizia presenta alla lunga una fattura salatissima. "Il paesaggio italiano è fra i più devastati d'Europa.  A fronte di un incremento demografico nullo, abbiamo il più alto consumo di suolo d'Europa (...) eppure si continua a costruire". "Perché - si chiede l'autore di "Paesaggio, costituzione, cemento. La battaglia per l'ambiente contro il degrado civile"  lo scorso dicembre su Repubblica - "non dare, invece, incentivi a chi riusa edifici abbandonati, anziché costruirne di nuovi? o a chi salva o incrementa l'uso agricolo dei suoli? Cura del suolo e riuso degli edifici abbandonati potrebbero innescare un processo virtuoso, assorbendo manodopera di un'edilizia comunque in crisi e allo sbando (anche da noi - la notizia è di ieri - appartamenti e residenze di lusso faticano ormai a trovare acquirenti)". Occorre sconfiggere "l'incubo del contabile", scrive citando l'economista britannico Keynes, cioè "il pregiudizio secondo cui nulla si può fare, se non comporta frutti economici immediati". (...)  Una "regola autodistruttiva di calcolo finanziario governa ogni aspetto della vita. Distruggiamole campagne- è Keynes che parla -  perché le bellezze naturali non hanno valore economico. Saremmo capaci di fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun dividendo".
Che altro aggiungere?  
Ortica

mercoledì 18 gennaio 2012

Salvatore Settis, le ecomafie, il paesaggio e la salute

"Nell'ambiente e nel territorio troppo spesso quello che prevale è la logica del profitto immediato di pochi. Dovrebbe prevalere la logica del bene comune di tutti che dura molto più a lungo". A dirlo è Salvatore Settis, ospite lo scorso 14 gennaio, di Fabio Fazio a "Che tempo che fa".
Da sempre strenuo difensore del patrimonio e del paesaggio, Settis ha messo all'indice chi dal paesaggio trae profitto a scapito non solo della sua bellezza ma anche nel totale disprezzo della salute di cittadini. "Il paesaggio non è soltanto bellezza ma anche salute fisica e mentale" ha dichiarato. "Paesaggio e ambiente sono una sola cosa: difendere il paesaggio vuol dire difendere l'ambiente, vuol dire difendere la salute dei cittadini". Una bella lezione di senso civico.
Ortica

giovedì 12 gennaio 2012

I ruderi e l'oblio

"La società che rifiuta e nasconde la morte non lascia tempo e spazio alla trasformazione della materia che invecchia".  Esordisce così, con queste parole vere e forti, Giancarlo Fornasier in un recente articolo dedicato ai ruderi, questi oggetti  indesiderati da una "visione distorta e menzognera dello sviluppo urbanistico". Ma sono spesso proprio i ruderi a possedere quella "carica emotiva" che fa difetto agli edifici banali e standardizzati che distinguono l'architettura speculativa di cui pullula ormai il territorio.

foto:Beberan.com

Eppure, il più delle volte, il destino di quegli edifici a volte impropriamente chiamati ruderi è segnato: anziché intervenire per ridare loro "una decenza formale ed estetica", si preferisce lasciarli cadere nell'oblio ("atto supremo del rifiuto", scrive Fornasier, "di cui il rudere è la più alta rappresentazione") per poi  abbatterli... con buona coscienza di tutti.  Eccetto -dico io- di coloro che nella memoria vedono un collante sociale, un valore portatore di civiltà. Non era forse Croce che affermava che il paesaggio è la memoria della Patria?  Ho ritrovato questa riflessione di Salvatore Settis, emblematica in proposito: 
"Non si tratta di difenderlo in quanto bello ma in quanto memoria. Un paesaggio sul Carso devastato della prima guerra mondiale non è bello ma merita di essere ricordato. Perdere la memoria collettiva di un Paese o di una città è esattamente come perdere la memoria individuale per un uomo".
Ortica

domenica 8 gennaio 2012

La città e la memoria

Cos'è una città se non il luogo privilegiato della memoria e degli affetti?  Cosa sarebbe senza il legame che proviamo per gli angoli e gli edifici che nutrono i nostri ricordi? Un guscio vuoto...

Perché
"potrei dirti di quanti gradini sono le vie fatte a scale, di che sesto gli archi dei porticati, di quali lamine di zinco sono ricoperti i tetti; ma so già che sarebbe come non dirti nulla. Non di questo è fatta la città, ma di relazioni tra le misure del suo spazio e gli avvenimenti del suo passato  (...). Di quest'onda che rifluisce dai ricordi la città s'imbeve come una spugna e si dilata (...) Ma la città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d'una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole".
(Italo Calvino, da Le città invisibili)

Ortica