la demolizione dell'ecomostro in vetta al Sighignola ha fornito lo spunto al Corriere del Ticino di sabato di una doppia pagina interamente consacrata al problema della tutela del territorio. Quasi doverosa, in questo contesto, l'intervista all'architetto Tita Carloni. Mi hanno colpito, nelle sue parole, il disincanto con cui guarda alla responsabilità dei politici e dei partiti, degli stessi architetti e di buona parte della popolazione ma anche la speranza che ripone nei movimenti di cittadini "coscienti e combattivi". "Se posso fare un appello direi: ascoltate con maggiore attenzione i piccoli gruppi di opposizione che si muovono qua e là sul territorio, capitene le ragioni, aiutateli anche con qualche franchetto. Sono loro, secondo me, le vere speranze per un territorio migliore". Perché se oggi la città è in mano a una nuova classe di operatori economici, specchio di una "cultura di puro mercato e di puro consumo, senza alcun progetto civile" , l'unica risposta possibile sono forme di resistenza come "l'obiezione di coscienza architettonica, la critica militante, l'impegno politico e culturale...". E dato che "il territorio è sempre il riflesso della società che lo abita", vi è da sperare - dico io - che l'accresciuta sensibilità territoriale testimoni di un cambiamento in atto. Infatti, "la misura dell'architettura cambierebbe se gli uomini prima cambiassero se stessi (...), se leggessero un po' più di poesia e di scienza e meno bollettini di borsa". Dimmi, che poesia hai letto oggi?
Ortica