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lunedì 12 maggio 2014

Consumo di suolo: dall'Italia di Expo un esempio virtuoso


Le cifre sul consumo di suolo in Svizzera divulgate alcuni mesi fa dall'Ufficio federale di statistica sono impietose: in 25 anni il cemento ha inghiottito 584 chilometri quadrati, una superficie grande quanto il lago Lemano, il che equivale alla scomparsa di 1,1 metri  quadri di prati e campi coltivabili al secondo. In Ticino, la cementificazione ha assunto proporzioni ben maggiori rispetto al resto della Svizzera:  nello stesso periodo sono andati persi oltre 36'000 ettari di campagna. Ma a fare peggio, molto peggio di noi, c'è l'Italia dove il consumo è di 8 metri quadri al secondo. 

E proprio "8 metri al secondo" è il titolo scelto provocatoriamente per il suo ultimo libro da Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lugagnano, alle porte di Milano, primo comune a dotarsi - anzi, a inventarsi- il piano regolatore a crescita zero.  In un territorio devastato dagli appetiti degli immobiliaristi ,  l'esperienza di Cassinetta di Lugagnano ha fatto da argine al crescente sentimento di straniamento dei cittadini. Un sentimento frutto della combinazione avvelenata di fattori come "la perdita di identità dei territori, la trasformazione dell’ambiente che ci circonda, il senso di privazione e sottrazione subita che nasce quando non si riconosce e non ci si riconosce più nel paesaggio, nel territorio, nelle strade che si percorrono nella vita di ogni giorno". Un malessere che accomuna ormai cittadini ad ogni latitudine e di ogni paese, compreso il nostro.  Come non pensare allo stravolgimento in atto nel Mendrisiotto?

E se un metro al secondo è tanto, 8 metri sono davvero troppi. Così di fronte all'emergenza territoriale, un ripensamento sembra farsi largo anche tra le fila di coloro che,  sino a poco tempo fa, erano soliti tacciare di ecoterrorismo chi si batteva per la difesa del territorio. Emblematico, in proposito, il ribaltone del maggiore sindacato italiano del settore edile  (Fillea ) che di recente si è pronunciato esplicitamente per uno stop alla costruzione di nuove case. Un'inversione di rotta a 360% che rimette in discussione anni di cementificazione selvaggia, consumo scriteriato e indiscriminato di suolo, saccheggio del territorio. La nuova parola d'ordine è riqualifica delle aree già edificate. Riuso e rigenerazione edilizia del suolo edificato per porre un freno alla cementificazione dei suoli agricoli e presevarli da un ulteriore impoverimento. Obbiettivo della Filea è una diminuzione, entro il 2020, di almeno il 50% di suolo. Ecco cosa scriveva il sindacato a presentazione del suo convegno sul consumo di suolo zero.

"Non può più esistere l'attuale modello di sviluppo che ha portato alla cannibalizzazione del nostro territorio e del "BEL PAESE". Le scelte politiche da noi fatte dall'ultimo congresso ad oggi, hanno rafforzato la convinzione della Fillea che la crisi strutturale che ha investito l'Italia è figlia anche di queste valutazioni che, sovente, hanno favorito i palazzinari, i cementificatori, l'illegalità e le mafie. Dalla crisi si può uscire se, con grande chiarezza, si imbocca una strada diversa e opposta da quella che è stata tracciata e praticata almeno negli ultimi quarant'anni. Il cambio di tendenza si realizza passando dal cementificare al ricostruire, dalle aree impermeabilizzate a quelle verdi, dalla produzione di CO2 al  risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale, dal lavoro dequalificato e sfruttato al lavoro professionalizzato e legale". 

Obbiettivo ambizioso che se attuato potrebbe dare slancio a quella riconversione ormai preconizzata da più parti. Una svolta emblematica che ci auguriamo possa essere presa ad esempio anche da noi. Ridurre drasticamente il consumo di suolo è la grande sfida del futuro.  Del resto, il tema è al centro del dibattito politico, basti pensare alla densificazione degli insediamenti preconizzata dalla Confederazione o alla recente approvazione della nuova legge sulla pianificazione del territorio.

"Con la crisi - ha dichiarato nel corso del suo intervento Danilo Barbi, segretario nazionale della Cigl -  questo modello di sviluppo non funziona più (...). E' un modello superato, che ha creato ricchezza solo per pochi grandi proprietari e non l'ha redistribuita alla collettività, anzi, ha aumentato le diseguaglianze sociali. Ragion per cui, basta con il costruire tanto per costruire, ci vuole un nuovo modello di sviluppo basato sulla sostenibilità ambientale, sull'innovazione tecnologica, sulla riqualificazione urbana (...).

Parole sante. I cittadini ringraziano.

 

Ortica

 

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