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martedì 7 agosto 2012

Non solo cinema: il sottile filo rosso tra Venezia e Locarno

Cara Icchia, in questi giorni dove il Festival del cinema di Locarno è in pieno svolgimento e la polemica sulla nuova casa del cinema pure, mi sono imbattuta in un articolo di qualche giorno fa sulla svendita e sulla profanazione di Venezia a firma di Salvatore Settis. La riflessione di Settis prende spunto da tre episodi che hanno come protagonista (e come vittima) la città sulla Laguna. "Enormi navi da 40'000 tonnellate e oltre sfiorano ogni giorno Palazzo ducale", "Benetton compra il Fondaco dei tedeschi - prezioso edificio di primo Cinquecento ai piedi del Rialto - per farne "un megastore di forte impatto simbolico" - con sopraelevazione, mega-terrazza con vista sul Rialto e scale mobili -" e "Pierre Cardin vuol lasciare un segno in Laguna" costruendo a Maghera "un Palais Lumière, da un miliardo e mezzo (...) altro 140 metri in più del campanile di San Marco".
In tutti e tre i casi, i progetti oltraggiano la memoria storico-architettonica della città e, come si suol dire, anche questa volta Settis non le manda a dire. "La profanazione, anzi la visibiltà della profanazione, ha una forte carica simbolica, è uno statement di iper-modernità rampante e volgare" ed è accomunata dallo stesso ricatto nei confronti delle istituzioni: i soldi. "Senza le mega-navi, calano i turisti; per avere la mega-torre di Maghera e la mega-terrazza del Fondaco bisogna ubbidire al committente senza fiatare. E le istituzioni? Prone ai voleri del dio Mercato, sono pronte a tutto".
Nel nostro piccolo, Locarno - tuttora sprovvista di un elenco dei beni culturali protetti nonostante la Legge cantonale sui beni culturali risalga al 1997 - non è da meno: pur di non perdere i 10 milioni elargiti dalla fondazione Stella Chiara del magnate del cinema Martin Hellstern, è disposta a demolire senza alcuna remora il Palazzo delle ex scuole comunali.
Ortica

immmagine RSI.info





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