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lunedì 10 ottobre 2011

Salvatore Settis, difesa del territorio e impegno civile

Cara Icchia,
non è un caso che abbia scelto per queste mie riflessioni lo stesso titolo del 26 settembre scorso. Tempo fa, stavo leggendo un'intervista a Settis, un'autorità in materia di salvaguardia di beni culturali e paesaggistici. Riporto alcune sue considerazioni, oggi più che mai d'attualità anche per la nostra realtà, e che rispecchiano -guarda caso- il medesimo impegno civile nei confronti del territorio che da sempre guida l'operato e il pensiero di Tita Carloni.
"Bisogna fare attenzione a quanto di capzioso si può nascondere in chi si scaglia contro una presunta ibernazione del paesaggio (...). Il paesaggio non va protetto perché estetizzato, ma perché portatore di valori civili, garante della vita associata. È il filo che lega esperienze sociali,, delle classi ricche e colte e delle persone umili, a cominciare dai contadini".
E prosegue: 
"È saltato l'equilibrio città-campagna. La campagna è invasa dalla città, ma non è diventata città e non è più campagna. Si è posto il mercato al di sopra di ogni altro valore e lo spazio sociale, che era carico di senso, è stato travolto dal meccanismo consumistico di una  violenta rottamazione, è diventato esso stesso una merce, vale non perché possiamo viverlo, ma solo in quanto può essere occupato, prezzato, cannibalizzato".
Le conseguenze sono devastanti. Ma per Settis c'è ancora speranza.
"Il degrado di cui parliamo è parte di un degrado che investe le regole del vivere comune. E l'opposizione cresce. Ovunque sorgono comitati di cittadini, che scavalcano la mediazione dei partiti, attivano forme di rappresentanza nuove, acquistano competenze, manifestano, vanno al Tar e vincono. Si muovono con passione e abilità politica. Il paesaggio rappresenta una cartina di tornasole, un test per intendere come il cittadino vive se stesso in rapporto all'ambiente e alla comunità che lo circondano".
Le parole di Settis non hanno bisogno di altri commenti.
Ortica

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