Cos'è un bravo
geografo? Colui che aiuta a riconoscere e prendere consapevolezza dei nessi che
legano le persone ai luoghi, un "geografo umanista" che riesce a creare un
dialogo empatico tra la gente dei luoghi e i luoghi della gente. A scriverlo è
Paolo Cacciari in merito all'ultimo libro di Francesco Vallerani "Italia
desnuda. Percorsi di resistenza nel paese del cemento". Non ho letto il
libro, ma lo farò. La recensione è stata sufficientememte convincente per
motivarmi alla sua lettura, tanto più che Francesco Vallerani insegna geografia
presso l'Università Ca' Foscari di Venezia e da sempre -come si può leggere nel
curriculum pubblicato dall'ateneo, affianca la sua
ricerca sulla geografia storica (...) ad attività di divulgazione a sostegno
delle tesi di Movimenti ed associazioni ambientaliste. Vellerani
propugna un approccio trandisciplinare olistico, scrive Cacciari, una
"sensibilità particolare per le condizioni esistenziali del vivere
quotidiano degli uomini e delle donne che popolano i territori martoriati dalle
ruspe e dalle betoniere". Poiché compito del geografo umanista è quello di riuscire (mia
la sottolineatura) "a creare un dialogo empatico tra le gente dei
luoghi e i luoghi della gente". Un geografo umanista, appunto.
Proseguo la lettura.
Obbiettivo del lavoro di geografo, scrive Cacciari, è "superare
l'indifferenza e la rassegnazione che troppo spesso rendono le
popolazioni passive. Deve mostrare come "il
paesaggio sfregiato produce disagio e angoscia", che i "traumi geografici" (non solo
i dissesti idrogeologici e gli eventi calamitosi, ma anche la cancellazione di
valenze storiche e paesaggistiche) si traducono in "disagi psicologici", in "inconsapevole disperazione". Un nesso più volte
sottolineato anche da Salvatore Settis. La salvaguardia del paesaggio inteso
come bene comune è al contempo salvaguardia della salute pubblica.
L'azzeramento dei
valori storico-culturali, la perdita di
bellezza e di salubrità, l'impatto sulla psiche e la salute quale diretta
conseguenza della distruzione paesaggistica conducono "allo smarrimento del
senso del bello e anche del senso del bene". Un risultato a dir poco
drammatico cui porre riparo aiutando i cittadini, scrive ancora Cacciari a
proposito del bravo geografo, "a riconoscere e prendere consapevolezza dei
nessi che legano le persone ai luoghi" (mia la sottolineatura). Perché
se il risultato della cementificazione è la "rimozione collettiva"
tanto dell'estetica quanto dall'etica dal nostro orizzonte di vita, si impone
più che mai un cambiamento di rotta. Occorre, come auspica Vellerani, "recuperare
il senso di appartenenza ai luoghi". E questo non è passatismo e nemmeno
falsa nostalgia.
Ortica
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