Cara Icchia, tempo fa, presa da sconforto di fronte allo scempio che avanza, ti avevo citato l’ennesima brutta sorpresa in via Trevano, dove, poco dopo la Supsi, diversi alberi sono stati sradicati in vista dell’ennesimo cantiere… ebbene, il taglio si è ulteriormente esteso, tanto da permettere la vista, arroccato in cima al terreno, di un roccolo. È un roccolo-torretta che svetta solitario e meditabondo: attorno a lui -per il momento- ancora nulla. Poi la sua vista sarà celata da chissà quale nuova edificazione e da lassù, da dove prima scorgeva il lago, il nostro roccolo probabilmente non vedrà più neanche quello. Se te ne parlo è perché questo roccolo è tutelato. Per fortuna, dirai tu. Certo, anche se la tutela del nostro patrimonio, a mio avviso, dovrebbe prendere in considerazione non solo il singolo “oggetto”, bensì l’intero contesto nel quale è inserito. Penso a Via Pico a Cassarate, dove una vecchia casa si è salvata dalla demolizione ma il giardino che ne era parte integrante è stato completamente distrutto per rendere possibile la realizzazione di un progetto immobiliare. Ti ricordi di quello che mi hai scritto? “Sono stata ancora in via Pico. La casa è stata sì salvata, ma purtroppo è stata deturpata a causa della distruzione del giardino… una casa decontestualizzata è come un ibrido monco, privato di una buona parte della sua essenza. Quella casa ha perso parte della sua poesia. Peccato.” Ecco quel che ho pensato guardando il roccolo di Canobbio. Peccato.
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Prima...
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Ortica
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