Come era prevedibile, anche questa volta l'associazione Viva Gandria è scesa in campo contro il nuovo progetto immobiliare a firma dell'architetto Lo Riso. Ecco quanto anticipa il CdT.
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SIS (Salviamo il Salvabile) è un inno alla protezione dei beni che troppo spesso spariscono dalle città. SIS vuole segnalare, far riflettere, sensibilizzare, unire le forze, re-agire prima che non ci sia veramente più nulla ... da salvare! Icchia e Ortica
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venerdì 30 agosto 2013
giovedì 29 agosto 2013
A 17 anni dalla scomparsa di Antonio Cederna
A chi fosse sfuggito segnaliamo, pubblicandolo integralmente, un testo a firma Andrea Ferraretto pubblicato da La Stampa il 27 agosto in occasione del diciassettesimo anniversario della scomparsa di Antonio Cederna, il grande giornalista e intellettuale italiano noto per il suo instancabile impegno a difesa e salvaguardia del territorio. Sue, queste parole: "La lotta per la salvaguardia dei valori storico-naturali del nostro paese è la lotta stessa per l'affermazione della nostra dignità di cittadini, la lotta per il progresso e la coscienza civica contro la provocazione permanente di pochi privilegiati onnipotenti".
Buona lettura
Ortica
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immagine Archivio Cederna |
Sono trascorsi 17
anni da quando, il 27 agosto del 1996, scomparve un pilastro della cultura
ambientalista italiana. Il senso di vuoto che affiora ripensando alla passione
di Cederna è amplificato da questo periodo, critico e incerto, con l’Italia
appesa in uno scenario che non lascia intravedere vie d’uscita dal declino
dell’idea stessa di comunità
andrea ferraretto
L’estate permette, con i suoi tempi dilatati, di
far correre la mente, ricordando e riflettendo sul passato. Un esercizio della
memoria e della volontà per trarre insegnamento dalla storia, comprendendo il
senso delle cose e dando il giusto valore a ciò che conta veramente. Sono
trascorsi 17 anni da quando, il 27 agosto del 1996, è scomparso Antonio
Cederna. Il senso di vuoto che affiora ripensando alla passione di Cederna è
amplificato da questo periodo, critico e incerto, con l’Italia appesa in uno
scenario che non lascia intravedere vie d’uscita ma, piuttosto, un
deterioramento dei valori e il declino dell’idea stessa di comunità.
I valori sono stati il centro della vita di Antonio
Cederna: etica, responsabilità, competenza, impegno civile, di volta in volta
rivolti alla professione di giornalista, al ruolo di militante ambientalista,
all’azione dell’uomo politico, all’essere un esponente del mondo della cultura.
Con rigore ha saputo dire cose scomode, non accettando di tacere di fronte ai
disastri, alle manomissioni del territorio e del patrimonio culturale del
nostro paese.
Argomenti scomodi, un fastidio per la politica
diventata strumento di gestione del consenso e oggetto di scambio clientelare:
una scomodità che costò a Cederna l’essere posto nell’alveo degli
intellettuali, un po’ eccentrici, ma non adatti a governare. Troppo spesso
liquidato con l’appellativo di Cassandra, con la superficialità di chi non
vuole capire e affrontare realmente i problemi, preferendo l’improvvisazione di
soluzioni poco efficaci e di scarso rilievo.
Serve ancora oggi, nell’Italia del 2013, ricordare
chi scrisse libri che in realtà erano denunce e testimonianze, come I vandali
in casa, La distruzione della natura in Italia, Memorabilia Urbis, … . Serve e
sarebbe utile ripercorrere e studiare il suo archivio, vedere le interviste,
ascoltare la descrizione di come si costruivano periferie brutte e invivibili:
tutto il materiale, raccolto in decenni di attività, è oggi disponibile, grazie
alla sua famiglia che lo ha donato, affinché diventasse un patrimonio di
conoscenza collettivo. Una scuola dell’esperienza e del metodo di lavoro che
mise in cima alle priorità la comprensione dei problemi, studiando le soluzioni
e proponendo un modo diverso di affrontare le criticità, guardando all’Europa,
restituendo un valore al bene comune e affermando un ruolo ineludibile del
decisore pubblico. (www.archiviocederna.it)
L’attualità dei suoi scritti è ancora qui, sotto i
nostri occhi: l’incapacità di governare il territorio, di guidare lo sviluppo,
attraverso scelte di buon governo, fatti che possono risultare ovvii ma che,
ancora oggi, caratterizzano l’assenza di una politica che capace di fare della
sostenibilità la base per il futuro dell’Italia. Un’attualità resa ancor più
dirompente perché, già negli anni ’60, indicava nell’Europa il modello da
imitare, seguendo l’evoluzione dell’urbanistica e delle politiche di gestione
del territorio.
I dati relativi al consumo di territorio, alla
perdita di biodiversità, all’inquinamento nelle aree urbane, alle emergenze
“permanenti” come quelle dei rifiuti, del dissesto idro-geologico sono
inquietanti: l’Italia registra un ritardo e un arretramento rispetto agli altri
paesi europei, accumulando inefficienze e inadempienze. Non si tratta di una
posizione puramente estetica, da “anime belle” come l’avrebbe definita Cederna:
è un problema ben più complesso, fondato sul rapporto tra scarsità e
disponibilità di risorse. Si tratta, in realtà, di una questione civile e
culturale che può fare la distinzione tra una nazione e un’altra per il livello
di progresso raggiunto, per il rispetto della legalità e delle opportunità di
sviluppo alle quali accedono i cittadini. L’Italia oggi detiene il primato in
Europa per le procedure di infrazione alle norme comunitarie in materia
ambientale e in molte regioni il circuito economico legato alla criminalità
coincide, non casualmente, con un alto tasso di reati ambientali, favorendo un
florido settore che abbiamo imparato a chiamare “ecomafie” fatto di traffici
illeciti, corruzione e inquinamento.
Si continua a credere che sia sufficiente scrivere
le leggi, senza preoccuparsi di come farle rispettare, facendo crescere il
capitale sociale e la coscienza di una cittadinanza attiva. Siamo tuttora
bloccati a un modello dell’economia slegata dai processi ecologici e
dall’impatto delle attività dell’uomo sull’ecosistema dove l’energia diventa
un’emergenza se il petrolio raggiunge il prezzo di 100 dollari al barile ma non
ci poniamo il dubbio di comprendere quali costi collettivi, legati ai
cambiamenti climatici, non sono compresi in quel prezzo, ma pesano come un
macigno in termini di ritardo nell’adottare altri modelli fondati
sull’innovazione.
Nel frattempo un altro anno è trascorso così, con
boschi bruciati, discariche stracolme di rifiuti, città ammorbate dal PM10 e
dal monossido, spiagge con divieti di balneazione, alluvioni e frane, …, . Si
dirà che tutto questo è inevitabile, che non si può limitare il mercato: eppure
gli allarmi si fanno sempre più ricorrenti, il clima si sta modificando e le
soluzioni non possono essere sempre improntate all’emergenza, a provvedimenti
estemporanei.
Biodiversità, clima, trasporti, energia, acqua,
territorio, rifiuti, tutte tematiche che quotidianamente entrano con forza
sulle pagine dei giornali e nelle nostre vite ma che, con grande difficoltà, si
trasformano in politiche strutturali restando, spesso, inutili grida d’allarme,
titoli di giornale che durano pochi giorni, facendoci restare nel rischio
dell’emergenza e della catastrofe imminente. Le stesse emergenze di cui
scriveva Cederna, avvolte, oggi come allora, nella disattenzione. La
disattenzione che potrà essere più o meno colpevole ma sempre ancorata alla
convinzione che l’ambiente sia un serbatoio da consumare senza mai porsi il
dubbio circa la riproducibilità delle risorse e la responsabilità verso le
generazioni future.
Degli incendi estivi, diceva Cederna, bisognerebbe
parlarne durante l’inverno, quando è necessario programmare gli interventi,
predisporre i provvedimenti, rendere efficienti gli strumenti di tutela e di
prevenzione: un’idea alquanto bizzarra in un paese abituato all’emergenza e
all’ineluttabilità delle cose che accadono perché il destino è cinico e baro.
Un paese dove la regola non è la pianificazione bensì la deroga e il ripetersi
di condoni e prescrizioni, frutto di una corruzione diffusa e
dell’irresponsabilità di chi dovrebbe controllare. Eccoci quindi fermi nel
ritenere che l’ambiente sia un limite, un intralcio per il progresso, un
vincolo per la crescita economica misurata dal PIL: i boschi in fiamme, i fiumi
inquinati o il traffico congestionato nelle aree urbane sono ancora considerati
il costo da pagare per accedere a un maggiore benessere. Il PIL dimostra la sua
inadeguatezza nel misurare lo sviluppo di un’economia che non può basarsi
soltanto sulla quantità di beni e servizi ma dovrebbe registrare anche il
livello di qualità dello sviluppo, creando condizioni di maggior competitività
basate su scelte strutturali.
Antonio Cederna queste cose le vide e le denunciò,
con forza e fermezza, insistendo affinché l’opinione pubblica prendesse
coscienza e rinnegasse uno stato di cose come questo: alcune battaglie di
Cederna sono arrivate tal quali fino ai nostri giorni e, tuttora, sembra
impossibile ripristinare la normalità. Battaglie che, riascoltando gli accorati
interventi di Cederna, sembrerebbe ovvio che lo Stato facesse proprie, oggi più
che mai, riaffermando i principi di legalità e di buona gestione, definendo
obiettivi e programmi, affidando compiti e responsabilità in modo chiaro.
Eppure non è così: si continua a discutere dello
sviluppo delle città e delle condizioni di vivibilità delle periferie; si
insiste a mettere in dubbio l’utilità di parchi e riserve naturali; si minano
le condizioni minime per tutelare e proteggere il patrimonio storico, artistico
e archeologico; si considera il paesaggio come un intralcio per la crescita
economica; si resta immersi nella pigrizia e nell’assenza di visione, una
poltiglia che avvolge tutto e rende inestricabili i nodi.
Quelli che furono, cinquanta anni fa, i temi che
Cederna portò all’attenzione dell’opinione pubblica sono ancora lì, afflitti
dal disinteresse e dall’ignavia: il Parco regionale l’Appia Antica, i Fori, la
tutela dei centri storici, la difesa delle coste, la pianificazione delle
città. Di volta in volta si annunciano programmi straordinari e soluzioni innovative
ma, alla fine, restano solo l’abbandono e la precarietà, nell’assenza pressoché
totale di una visione di lungo periodo. Anche per Antonio Cederna ha funzionato
la regola che vuole che si dia maggior risalto e valore alle idee di coloro che
non ci sono più, spesso per un vezzo elitario, per dare solo maggior dignità
alle proposte, destinate a restare ipotesi o dichiarazioni di principio. Toccò
anche a lui la sorte di restare nella solitudine di chi vuole anteporre
l’interesse collettivo al profitto personale, la solitudine di chi scrive e
vorrebbe vedere le cose cambiare.
Sono trascorsi diciassette anni dalla sua
scomparsa: se Cederna fosse qui continuerebbe a essere una voce pungente e
brillante denunciando disastri annunciati e disattenzioni. Ben poco si è saputo
apprendere dalla sua intelligenza e dal suo impegno civile: i calendari
continuano a essere punteggiati con le date delle alluvioni, degli incendi,
delle frane, delle discariche stracolme, del caos sulle strade, delle città
invivibili. Continuiamo a ricordare i luoghi con le conseguenze delle nostre
disattenzioni, senza intravedere un’alternativa. Restano soltanto gli sprechi
irrisolti, i tagli irragionevoli e l’abbandono cronico.
La grande bellezza la vediamo solo nei film, ma,
una volta tornati nella realtà, siamo ancora lì, tra l’abbandono e la
desolazione, con la rassegnazione che possa cambiare ben poco. Antonio Cederna
resta un monito, utile se un giorno si decidesse di cambiare marcia, per
davvero.
martedì 27 agosto 2013
Lst: un asso nelle manica contro il nuovo progetto immobiliare a Gandria?
Come previsto, le opposizioni contro il
nuovo progetto nell'ex parco Hermann Hesse sono puntualmente arrivate: ben quattro
dai confinanti, alle quali si è aggiunta anche quella della STAN. La Società
parte dall'assunto fondamentale che secondo la Legge sullo sviluppo
territoriale (Lst) "il peasaggio cantonale va rispettato,
tutelato e valorizzato". Ed in proposito, la Stan rileva come il PR
Collina d'oro sezione di Montagnola sia “inadeguato a raggiungere
gli scopi in materia di tutela e di valorizzazione del paesaggio”.
Per l'appunto: nonostante il ridimensionamento del progetto, come sottolinea il comitato SaveHermannHesse,"il concetto resta il medesimo: mezza collina da scavare, una colata di cemento lungo tutto il parco, abbattimento degli alberi di alto fusto ad oggi presenti e deturpamento di uno degli ultimi angoli verdi sopravvissuti finora alla speculazione".
E se la Lst potesse venire in aiuto
anche per motivare parzialmente l'opposizione contro il nuovo progetto di edificazione
a Gandria, la cui domanda di costruzione è stata pubblicata pochi giorni fa? Senza
entrare nel merito delle sue qualità architettoniche, l'unicità paesaggistica di
Gandria -non a caso figura nell'Inventario federale degli insediamenti svizzeri
da proteggere- sarebbe già a priori un argomento
sufficiente per rispedire al mittente la richiesta. D'altro canto,
qualora l'impatto paesaggistico di un progetto sia significativo, per la Lst vale
il principio dell'inserimento ordinato e armonioso nel paesaggio Con ogni probabilità, l'opposizione della STAN
è giusto dietro l'angolo...
Ortica
lunedì 12 agosto 2013
Firmate la petizione per salvare il parco ex Balli di Locarno
È iniziata col
botto la raccolta di firme promossa per salvare il parco ex Balli di Locarno dallo sfruttamento edilizio. Nel giro di pochi giorni, la petizione che si batte per la sua salvaguardia in vista della creazione di un parco pubblico ha già raccolto
oltre 3200 firme. La scelta dei promotori di avviare la raccolta in
concomitanza con l'apertura del Festival di Locarno si è rivelata una mossa vincente. Aiutateli
scaricando, firmando e facendo firmare la petizione !
Ortica
Foto Crinari da cdt.ch
giovedì 8 agosto 2013
Montagnola, Gandria, Bellinzona, Locarno, Mendrisio, Bré... giù le mani dal territorio!
Come da copione. Si aspetta l'estate, preferibilmente nel pieno delle
vacanze estive, per inoltrare una richiesta di costruzione nella speranza di evitare
eventuali opposizioni. Dal 26 luglio, all'albo comunale di Montagnola è
pubblicata la seconda domanda di costruzione nell'ex parco di Hermann Hesse. Mancano
appena quattro giorni alla scadenza e nonostante il ridimensionamento del
progetto abbiamo saputo che le opposizioni fioccheranno anche questa volta.
Non ancora pubblicata, invece - lo sarà il 15 agosto- è la seconda
domanda per l'edificazione di un complesso immobiliare a Gandria. Promotore dell'operazione - è bene
ricordarlo- l'ex sindaco Luca Pacchin. Che a distanza di cinque anni non demorde,
nonostante l'impatto deturpante del suo progetto su un sito paesaggistico
unico. Nella sua interrogazione dello scorso 26 giugno, Raffaella
Martinelli-Peter non ha mancato di
ricordarlo al Municipio. Il
villaggio di Gandria è considerato sito
pittoresco in base al Decreto legislativo sulla protezione delle bellezze
naturali; paesaggio di importanza
nazionale secondo l'Inventario dei paesaggi, siti e monumenti di importanza
nazionale (IFP) nonché insediamento
svizzero di importanza nazionale secondo l'Inventario federale degli
insediamenti svizzeri da proteggere (ISOS). Analogamente a quanto successo a
Locarno e Bellinzona e in attesa del nuovo PR, gli oppositori chiedono di
istituire una zona di pianificazione o di congelare eventuali progetti sulle
parcelle interessate.
Ricordo, anni fa, di avere assistito all'intervista -esemplare- del
sindaco di un'isola francese assai gettonata tra i turisti che, preoccupato
dell'impatto devastante degli appetiti immobiliaristi, aveva indotto il comune ad
acquistare i terreni edificabili a rischio, sottraendoli così alla speculazione.
Cose mai viste, alle nostre latitudini! D'altronde, il risultato è sotto gli
occhi di tutti. Rallegriamoci quindi per
il moltiplicarsi delle iniziative a difesa del patrimonio come le recenti
raccolte di firme promosse a Bellinzona e
a Locarno.
Non importa chi le promuova: associazioni come la STAN a Bellinzona, in
prima linea per la salvaguardia delle ville storiche della Turrita; comitati spontanei come quello di "Salviamo
il parco ex Balli" a Locarno o, a Mendrisio, il "Comitato Parco di
Villa Argentina" la cui lotta per la valorizzazione del parco della villa è
sfociata in un progetto allestito dall'architetto paesaggista Heiner Rodel. Senza
dimenticare "Uniti per Bré" che con tenacia è riuscita a convincere Lugano della necessità di una pianificazione
condivisa della zona "Ai Piani". La consapevolezza che il territorio
è un bene fragile si sta radicando ovunque con forza. Non aspettavamo altro.
Ortica
mercoledì 7 agosto 2013
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